Come noto, con la legge di bilancio 2019, è stata ampliata, seppur con dei nuovi limiti, la platea dei soggetti che possono usufruire del regime fiscale agevolato cosiddetto forfettario.
Tanti i professionisti che hanno aderito e, se è vero che ci possono essere tanti vantaggi economici, è altrettanto vero che non sempre risulta conveniente: ciò a maggior ragione per i professionisti.
Vediamo perché con un esempio pratico ed attuale.
In questo periodo il mercato dei servizi di ingegneria e di architettura è colmo di procedure pubbliche per gli affidamenti delle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici. In tanti casi si tratta di importi a base d’asta di modeste se non povere dimensioni (in Sicilia si oscilla tra qualche migliaio di euro e, nei casi più rilevanti, poche decine di migliaia) e quindi mediamente destinato a studi di piccole dimensioni. Altro dato importante da registrare è una concorrenza mediamente agguerrita con ribassi arrivati a punte del 60%.
In questo contesto le attività tipicamente utili alla definizione sono solitamente due di carattere prettamente professionale (la verifica, a cura di un ingegnere o di un architetto, e la relazione geologica) ed una di carattere imprenditoriale (indagini in situ e prove di laboratorio).
Ebbene, nel caso in cui si tratti di tratti di un raggruppamento verticale o i professionisti aggiudicatari siano in regime fiscale ordinario nessun problema; cosa diversa nel caso in cui l’affidatario sia un professionista in regime forfettario. In quest’ultima ipotesi, infatti, l’aggiudicatario si troverebbe ad eseguire un lavoro certamente tecnicamente complesso, di grande responsabilità in cui in alcuni casi con meno di 5 mila euro si dovrebbero fare i conti con tutte e tre le categorie di attori citati prima e, soprattutto, con l’aggravante che l’aggiudicatario non potrebbe detrarre le spese e l’iva relativa alle indagini ed alle prove subappaltate…certamente un lavoro in perdita.